mercoledì 17 ottobre 2012

Benedetta Barzini: la storia dell'abito.

Ieri sono andata alla prima conferenza, per me, di quest'evento eccezionale che è "Voce del verbo moda".
Grazie a Benedetta Barzini, modella e giornalista, ho ascoltato con interesse " Perchè l'uomo ha un abito e la donna centomila?".
Benedetta è molto affascinante nella sua gonna tartan, davvero longuette, e un semplice gilet bicolore. La sua prima affermazione ci fa subito  capire in che direzione volgerà l'incontro:"Più un abito è importante e più non vedi l'ora di toglierlo!".
L'abito è un termometro che fa capire chi siamo e dove ci troviamo; in passato indicava la posizione sociale, in parte anche oggi è così.
Partiamo proprio con una breve storia dell'abito, senza dimenticare che l'uomo rappresenta la ragione e l'ordine, mentre la donna la natura. L'uomo è simmetria e rigore, la donna è asimmetrica e moderna.
Tutto questo genera un modo diverso di vestirsi, legato ad una vera e propria differenza di genere.
Benedetta Barzini  ci ricorda come dal 1500 in poi l'abito maschile più importante sia proprio la divisa militare, simbolo del potere. Si deduce che l'abito maschile non è stato determinato dallo stilista, bensì dal sarto, depositario delle sue confidenze che mai divulgherà. Infatti la moda maschile vive e si diffonde grazie al passaparola.
Anche le scarpe maschili si differenziano completamente da quelle femminili:è evidente che sono fatte per camminare, mentre le donne non vedono l'ora di toglierle!
Nelle società più recenti ci sono dei cambiamenti grazie all'avvento delle griffe. La griffe dà immagine: è un amuleto portafortuna che indica a quale società appartengo.
L'indumento per eccellenza in grado di esprimere la differenza di genere è il tailleur! La prima a capirlo fu Coco Chanel. La Barzini non ama tale abbigliamento adatto a luoghi di potere (v. le donne in Parlamento), ma non apprezza neanche la donna "Ninfa" tanto decantata dai media. La ninfa è ovviamente una donna bella, perversa,pericolosa, che ha come fine ultimo l'eterna giovinezza!
Bene sarebbe ricercare una propria identità e difenderla senza timore riuscendo a non cadere  nei clichè; è l'omologazione che va condannata! Non dobbiamo pensare sempre di essere costrette ad esibire la nostra bellezza e convincerci che non dobbiamo piacere continuamente.
Non mi riesce difficile condividere il pensiero della Barzini, anche se ritengo sia più facile per me che ho quasi cinquant'anni, più difficile per le ragazze più giovani che aspirano, giustamente, ad affermarsi.. Distinguersi è sempre l'impresa  più ardua e, da giovane, rischi di passare per diversa!
 Angie

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